La sentenza, di seguito pubblicata, confermando il decreto
di rigetto reso all’esito della fase sommaria ex art. 28 L. 300/70, del quale
pure si pubblica il testo, perviene, attraverso una puntuale ricognizione della
normativa vigente in materia, alla conclusione che non sussiste alcun profilo
di antisindacalità nella decisione datoriale di non ammettere al tavolo di
contrattazione integrativa, ai sensi dell’art. 8 del CCNL comparto sanità
2016-2018, le OO.SS. che non hanno inteso sottoscrivere il CCNL.
La specifica disposizione di fonte collettiva, infatti, non
è in alcun modo lesiva del principio di libertà sindacale, presidiato
costituzionalmente dall’art. 39, in quanto, stante la natura derivata della
contrattazione integrativa da quella primaria di livello nazionale, non può esporsi ad alcun rilievo di
incostituzionalità la scelta degli agenti collettivi nazionali di affidare al
CCNL l’individuazione dei soggetti legittimati a partecipare ai livelli
integrativi di contrattazione.
Né tantomeno può parlarsi di un’impropria sanzione del
dissenso ogniqualvolta venga inibita la partecipazione alla contrattazione
decentrata ad una O.S. non firmataria del CCNL, proprio perché il suddetto art.
8 consente la partecipazione alla negoziazione aziendale anche alle OO.SS. non
sottoscrittrici dello stesso CCNL, ma che abbiano costituto ad iniziativa,
anche disgiunta, una RSU.
In assenza, pertanto, di RSU in ambito aziendale, la cui
mancata costituzione non può imputarsi al datore di lavoro, non avendo quest’ultimo
alcuna prerogativa in materia, risulta corretta, in stretta applicazione
dell’art. 8 del CCNL di settore, la decisione aziendale di escludere dai tavoli
integrativi la RSA e la rappresentanza territoriale afferenti ad organizzazione
sindacale non sottoscrittrice del CCNL.