mercoledì 17 luglio 2019

Legittimo il licenziamento per giusta causa in ipotesi di sommatoria di infrazioni disciplinari


La sentenza del Tribunale di Bari-Sez. Lav., di seguito pubblicata, affronta il tema del licenziamento disciplinare per giusta causa in fattispecie di dipendente con mansioni di autista che era incorso negli anni in plurime infrazioni disciplinari.
Il Giudice ha ritenuto la sanzione congrua e proporzionata a fronte della reiterata negligenza e distrazione del dipendente nello svolgimento delle specifiche mansioni assegnategli. Di conseguenza la valutazione unitaria dei numerosi addebiti disciplinari contestati al dipendente, alla luce delle risultanze dell’espletata istruttoria, consente, ad avviso del Giudice, di ritenere giustificata l’immediata risoluzione del rapporto di lavoro avuto riguardo anche all’incidenza di tale inadempiente condotta sulla regolarità e sulla sicurezza del servizio di trasporto erogato dall’azienda datrice di lavoro. 

giovedì 30 maggio 2019

Negato il riconoscimento delle mansioni superiori nei confronti di coadiutore amministrativo che rivendicava l’inquadramento come assistente amministrativo


La sentenza di seguito pubblicata, dopo aver correttamente ricostruito il quadro regolatorio, di conio pubblicistico, in tema di mansioni superiori, e dopo aver puntualmente ricostruito il procedimento logico giuridico, che è alla base dell’indagine ordinata alla determinazione dell’inquadramento del lavoratore, declinandone rigorosamente la sequenza in tre fasi successive, ha disconosciuto il diritto della dipendente al preteso inquadramento nella categoria C, confermando così la coerenza delle mansioni effettivamente svolte con il profilo professionale di coadiutore amministrativo ascritto alla categoria B. 


giovedì 11 aprile 2019

Sul licenziamento disciplinare dell’operatore sanitario

La sentenza, di seguito pubblicata, resa dalla Corte di Appello di Bari sul reclamo proposto, ai sensi della Legge “Fornero”, avverso la sentenza di rigetto dell’impugnativa di licenziamento per giusta causa, affronta, all’esito di un rigoroso scrutinio delle risultanze istruttorie, la tematica del licenziamento disciplinare nei suoi variegati profili di ordine formale e sostanziale. La pronuncia assume rilievo per la particolarità della fattispecie esaminata che chiama in causa la relazione, per molti versi delicata, fra il paziente e l’operatore sanitario, pervenendo alla conferma del licenziamento a fronte delle condotte  contestate, la cui gravità è asseverata anche dalla particolarità del ruolo rivestito in ambito ospedaliero dal soggetto incolpato. 

sentenza C.A. BARI n. 30/2019 

venerdì 1 marzo 2019

Sull’improcedibilità dell’appello nel rito del lavoro e sulla legittimità del pensionamento del dirigente medico intervenuta al compimento del 65° anno di età e dell’anzianità contributiva massima utile prevista dall’ordinamento vigente


La sentenza, che di seguito si pubblica, assume rilievo di particolare interesse tanto dal punto di vista processuale, tanto dal punto di vista del merito.
Sotto il profilo processuale, infatti, nel decretare l’improcedibilità del gravame proposto, la Corte di Appello, richiamando la giurisprudenza della Suprema Corte, ha osservato come, nel rito del lavoro, l’omessa notificazione del ricorso e del decreto di fissazione di udienza comporta la decadenza dell’impugnazione, non essendo consentito al Giudice assegnare all’appellante un termine per la rinnovazione di un atto mai compiuto, né, a tal fine, assume rilevanza la mancata comunicazione del decreto di fissazione di udienza da parte della cancelleria quando dagli atti processuali risulti in modo certo, come nel caso di specie, che l’appellante abbia, comunque, acquisito conoscenza della data fissata per la discussione della causa.
Nel merito, la Corte di Appello ha rilevato la legittimità del collocamento in quiescenza dell’appellante, avendo lo stesso compiuto i 65 anni di età e potendo vantare, quindi, alla data del compimento del 65° anno, 43 anni di anzianità contributiva; sicché, in applicazione del regime previdenziale in materia, l’appellante non aveva alcun diritto al mantenimento in servizio. In sostanza la Corte di Appello ha concluso per la legittimità dell’impugnato pensionamento, essendo la determinazione aziendale  intervenuta in acclarato regime di libera recedibilità. 

lunedì 28 gennaio 2019

Il giudizio di riassunzione in tema di mansioni superiori


La sentenza, che qui si annota, assume rilievo sotto il profilo processuale nella misura in cui la stessa rammenta come il Giudice di rinvio, a fronte di una sentenza cassata per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, sia vincolato non soltanto al principio di diritto enunciato dalla Corte, ma a tutte le valutazioni di fatto o di diritto già compiute dal Giudice a quo, che hanno rappresentato il necessario presupposto della sentenza di Cassazione; diversamente opinandosi, infatti, il Giudice di rinvio potrebbe rendere sostanzialmente inutile la sentenza di Cassazione, eludendo anche il principio di diritto attraverso una diversa qualificazione giuridica del rapporto ovvero in conseguenza di una differente ricostruzione dei fatti accertati nella sentenza cassata.
Sulla base di tale principio, quindi, la Corte di Appello, in sede di rinvio, ha rigettato la domanda del ricorrente, volta al conseguimento dell’inquadramento nella superiore posizione funzionale, stante l’insussistenza del prescritto diploma di laurea.